Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1957/1958
Serie A
04-11-1957 - Giornata: 9 - Genova - Luigi Ferraris


Genoa CFC - Alessandria US 0 - 2 (0 - 1)
RETI: 26. Vonlanthen (II) R.[A], 88. Vonlanthen (II) R.[A]

Alessandria US Nobili Natale, Nardi Aldo, Giacomazzi Giovanni, Marcellini Antonio, Pedroni Franco, Traverso (I) Luigi, Castaldo Ercole, Manenti Michele, Vonlanthen (II) Roger, Tagnin Carlo, Savioni Marco All.: Pedroni Franco

Formazione avversaria
GENOA CFC: Franci; De Angelis, Becattini; Viciani, Carlini, Delfino; Frignani, Abbadie, Firotto, Leoni, Corso. All.: Frossi Annibale.

Arbitro: Menchini Lorenzo (Udine)
Note
Ammoniti: Delfino [G], Abbadie [G], Carlini [G], Traverso I [A], Manenti [A]. Angoli: 2-7 (1-5), 3-7 (0-4) oppure 4-7. Spettatori: 30.000. Giornata soleggiata, terreno pesante. Inizio gara ore 14:30.

Commento
Che ne è stato del Genoa del derby? Sparito dalla circolazione. Sbriciolato come un biscotto tra le mani di un «Caravana». Disintegrato letteralmente. Una larva di squadra. A questo punto, l’unico interrogativo degno di essere posto è il seguente: è stata la fatica di venerdì o sono stati gli ozi di Rapallo a dissociare sino alla demolizione completa una squadra che, bene o male, sino a ieri, anche pareggiando o perdendo, un certo senso alla parola gioco l’aveva sempre dato? Come vi pare. Tanto, tutto sommato, anche questo fa parte delle cose inutili. Che sia stata la fatica o no, oggi il Genoa ha offerto la più povera delle sue prestazioni, la più penosa delle sue esibizioni, senza che nell’andamento del gioco si riesca a trovare una sola attenuante o giustificante né generica né tanto meno specifica. L’Alessandria, ecco, questa sì. Una delle ragioni, forse la principale. Resta solo da stabilire se i grigi, trovandosi di fronte una creatura viva e non una larva, sarebbero riusciti egualmente a salire in cattedra ed a mortificare, più nel gioco che nel punteggio, il già piuttosto sostenuto padrone di casa. Resta da vedere. Però, quello che si è visto ci par sufficiente per affermare che la classifica degli uomini dell’ing. Sacco non è assolutamente fasulla. Non è del resto colpa sua, ripetiamo, se l’Alessandria si è imbattuta in un avversario molle come un affamato, stracco e irriflessivo, presuntuoso e insufficiente. Non chiedeva di meglio, certo. Però, forse, la fragilità del Genoa odierno ha superato anche le più rosee aspettative dei grigi. Né è da sostenere che Pedroni, spirito acuto ed osservatore, abbia pescato venerdì scorso, assistendo a Genoa-Sampdoria, i punti deboli del Grifone. Mai più. Perché i punti deboli di oggi erano i punti… forti di ieri. Adesso tutti plaudono alla trovata di Tagnin «guardiano giurato» di Abbadie. Può anche essere. Sta di fatto che oggi l’uruguaiano era «fermabile» da chiunque. Ad ogni modo, tanto di cappello al biondo interno (Abbadie alla fine della gara gli ha stretto la mano!), la cui funzione è stata agevolata dal fatto che era lo stesso uruguaiano a correre per farsi marcare (!), sicché Tagnin ha potuto svolgere un’altra enorme quantità di lavoro, con estrema disinvoltura e con grande accortezza. Ma fosse stato bloccato solo Abbadie. Oggi pareva che le gambe di tutti i rossoblù fossero zavorrate di piombo. Delfino irriconoscibile, incerto Carlini, sfasato De Angeli, scomparso dalla lotta Leoni. I soli rimasti in piedi per un bel po’, ma senza cavar fuori niente dalla loro attività: Firotto, Viciani, Corso e Frignani. Troppo poco, nevvero? Troppo poco, ché il Genoa, il quale aveva assunto la «tattica ungherese» con Firotto falso centrattacco, spesso sguarniva la difesa, ma dava egualmente l’impressione che nessuno fosse all’offensiva. Tanto si dileguavano i rossoblù, tanto parevano moltiplicarsi i grigi. E la gente elevava un mesto pensiero al catenaccio di Frossi… È stata per gli spettatori locali una gara sconcertante. Una gara da indispettire il più calmo dei tifosi. Senza il minimo costrutto, senza la più semplice tattica, senza un uomo che avesse l’animo e la capacità di riordinare le file e di guidare la ciurma. Dopo un primo periodo durante il quale è sembrato che il Genoa dovesse farcela, sebbene giostrasse con una lentezza da vecchio camion, l’Alessandria è venuta alla ribalta perentoriamente. Ha segnato il suo gol al 25’ di gioco, ha sbagliato un paio di occasioni prima che terminasse il tempo, ha ripreso a dominare nel secondo, buttando alle ortiche mezza dozzina di manovre in contropiede, e alla fine raddoppiava il punteggio con la seconda rete, inesorabile come una condanna divina. E il Genoa? Il Genova nel frattempo voleva fare un discorso tecnico e non gli riusciva di concludere un solo periodo senza che la lingua gli si inceppasse in una balbuzie senza rimedio. L’Alessandria non doveva ricorrere a particolari accorgimenti. Le bastava aspettare nella sua tana gli incongruenti avversari e poi si cacciava in contropiede a seminare il terrore nella sbandata e caotica difesa rossoblù. Inutili anche gli spostamenti di ruoli, nel Genoa. Abbadie è una mezz’ala e basta. Una mezz’ala che può spostarsi sulla destra e diventare ala crossante. Ma non può essere centravanti. E, nelle condizioni fisiche e di spirito odierne, neppure ala. Togliete Abbadie dalla prima linea (ha fatto un solo passaggio utile in 90’ di gioco) e avrete il vuoto davanti. Segno magari che c’è squilibrio nella squadra. Però questa è la realtà, nonostante le ottime disposizioni di Corso e di Firotto. Ben diversa la sostanza degli uomini in maglia grigia. Forse, solo atletica. Ma sostanza. E il risultato finale che, ripetiamo, è al disotto del merito, rappresenta la giusta convalida del valore di un manipolo venuto dal corridoio della Serie B ma sapientemente articolato e preparato, con pedine di pregio come Tagnin, Marcellini, Nardi, Giacomazzi, Pedroni e Manenti. La cronaca, dopo quanto premesso, ha un valore del tutto relativo. Ozioso perdercisi dentro, anche per non divenir monotoni nell’acclarare tutti gli errori dei rossoblù ed i meriti degli avversari. Al 10’, comunque, il Genoa è già in angolo. La testa di Manenti, per poco, non fora la barriera difensiva di Franci. Nobili, pressoché disoccupato permanente, para al 13’ un tiro di Firotto. Poi, di nuovo due angoli contro i padroni di casa. Al 24’, il preludio del gol grigio. Fuga di Savioni, che De Angelis non riesce a controllare, e crosso parabolico che Carlini devia su Vonlanthen. Tiro al volo tra le braccia di Franci. Ma, un minuto dopo, Savioni ripete e serve Manenti, che smista sulla destra dell’accorrente, liberissimo Vonlanthen. Palla nel sacco da destra a sinistra. Niente da fare per Franci. La reazione del Genoa? Un’opinione. Altro angolo contro, poi finalmente una manovra: Abbadie, Frignani, scambio ancora tra i due e pallone a Firotto che stanga, troppo alto, di sinistro. Al 42’ la traversa rilancia un pallone di testa di Manenti. All’inizio della ripresa, su un «liscio» di Giacomazzi, Abbadie tenta il tiro, ma Tagnin salva. Ma la difesa rossoblù, dietro, traballa come un battello senza timone in piena tempesta. All’11’, Vonlanthen libero: deve uscire Franci alla disperata e cacciare in angolo… Al 15’ tocca a Manenti; di nuovo Franci a valanga per rimediare. Infine, Tagnin, in diagonale, sfiora un montante. Poi scappa Vonlanthen e Franci devia a fondo campo. Persino Pedroni si presenta nell’area di rigore rossoblù. Il suo tiro, fortissimo, sibila a lato. Al 31’, azione sulla destra dei grigi fra Manenti e Castaldo: ancora il Genova in angolo. Tiraccio di De Angelis su servizio di Abbadie. Al 35’ è Savioni, affiancato da Vonlanthen, contro Becattini e Franci: si fa anticipare dal portiere. Breve, furiosa reazione dei padroni di casa (era ora!) e due tiri consecutivi di Firotto. Non si passa. Al 40’, splendido Franci su Manenti, ma al 43’ Marcellini (toh, lui pure!) scappa sulla destra, arriva a fondo campo e crossa sul piede di Vonltanhen, che indovina la rete: 2-0. Poco. Cielo quasi sereno, dopo la pioggia del mattino. Nessun incidente di rilievo; De Angelis e Carlini hanno accusato qualche «botta». Ammoniti Delfino per proteste ed Abbadie per gesto di reazione. (Aldo Merlo, «La Gazzetta dello Sport», 5 novembre 1957) L'ALESSANDRIA IN CAMPO CONTRO IL GENOA DI FROSSI Una sfumatura di ironia nella bella vittoria ottenuta dall’Alessandria a Genova. Essa è dovuta ai goals segnati proprio dal «calciatore che non doveva giocare». Si tratta di Vonlanthen, naturalmente. Da bravo cittadino svizzero, il centrattacco desiderava tenersi in efficienza per Scozia-Svizzera in programma dopodomani a Glasgow (egli raggiungerà oggi la «sua» Nazionale in aereo). Inoltre, Roger temeva il riacutizzarsi di un malanno alla caviglia. Alle 13 in punto, un acquazzone rovesciatosi sulla Liguria è stato la causa d’una partita trionfale per Vonlanthen e per l’Alessandria e d’una nera giornata per il Genoa. Vedendo il terreno di Marassi più morbido di un tappeto, l’allenatore Pedroni non ha avuto dubbi. Ha invitato Roger a indossare la maglia numero nove. Tutto e incominciato di lì. «Von» si è scatenato, ha rovesciato due palloni nella porta rossoblù e l’Alessandria, in virtù di un successo meritatissimo, si trova ora al quinto posto nella classifica del campionato. La precedono soltanto Juventus, Napoli, Roma e Fiorentina. Questa Alessandria rappresenta una delle liete novità del torneo, tanto più che in ogni gara mette in evidenza giovani calciatori di valore. Sette giorni or sono, Tagnin apparve fortissimo nel gioco di metà campo contro il Bologna. Oggi è stato il turno di Marcellini, un mediano «scartato» dalla Roma che è stato perfino applaudito a scena aperta. Deciso negli interventi, sebbene sia alto appena 1,68, sicuro nel tocco del pallone, preciso nei passaggi, Marcellini appoggia il gioco d’attacco con efficacia. «È un altro Fogli!» ha detto di lui Rebuffo, un tecnico che sta appunto osservando le promesse del football italiano. E il paragone non è avventato. In quanto a Tagnin, egli è apparso meno brillante, a causa del compito difficile affidatogli. Il biondino doveva controllare Abbadie, il regista dell’attacco rossoblù. Tagnin è uno specialista nell’affrontare grane del genere. Ha bloccato Bredesen, ha fermato Selmosson ed in un lontano allenamento della Nazionale è riuscito perfino a sconcertare Montuori. Nell’odierno Genoa-Alessandria, dal piede di Abbadie sono partiti ben pochi passaggi pericolosi poiché Tagnin «prodotto calcistico nazionale» ha vinto il duello con l’asso uruguaiano. Tutta regolare, dunque, la vittoria dei grigi. Il Genoa può soltanto invocare a sua scusante la stanchezza per il derby, stanchezza non smaltita in quattro giorni di riposo. Fin dalle prime battute si è visto che i piemontesi erano più scattanti. Le due formazioni presentavano schieramenti analoghi: Becattini terzino volante tra i liguri, Pedroni e Giacomazzi a turno «liberi» nella difesa alessandrina. In più, i grigi adottavano la tattica del doppio centravanti. Manenti, portandosi in posizione avanzata, attirava su di sé gli avversari mentre Vonlanthen correva verso destra o verso sinistra lungo la linea laterale smarcandosi: al momento opportuno Manenti serviva il compagno ed il gioco era fatto. Il primo goal dell’Alessandria è sorto precisamente da un’azione di questo tipo. Tocco di Savioni a Manenti, traversone sulla destra ed ecco Vonlanthen sbucare in posizione di ala. Tiro, leggera deviazione di Carlini e palla in rete. Il Genoa, poco incisivo nelle manovre offensive e disordinato in difesa, ha tentato invano di rimediare. I rossoblù hanno attaccato molto ed «a massa», ma proprio da questa situazione sorgevano i pericoli maggiori per la porta di Franci. Scattando in contropiede, i grigi trovavano larghi spazi vuoti in cui potevano muoversi liberamente. In una sola occasione, al 23’ della ripresa, il Genoa ha sfiorato il pareggio, quando Firotto su centro di Viciani ha calciato da buona posizione (ma a lato). Per il resto, hanno lavorato il portiere del Genoa (splendida la sua parata, al 40’, su tiro di Manenti), un segnalinee, ostinandosi a segnalare i fuori gioco anche quando non c’erano, e naturalmente gli avanti grigi. Savioni, sposatosi solo sette giorni orsono, è stato tra i più attivi, come pure Castaldo e Manenti. Ad un certo punto, sempre su contropiede, si è perfino visto Pedroni sbucare alle spalle del centromediano rossoblù e tentare il goal. L’ha sbagliato di poco. In compenso, la seconda rete è stata realizzata, al 42’, nel modo tradizionale: Marcellini «rompe» una discesa di Frignani-Firotto, fugge sulla destra e passa a Vonlanthen, tutto solo. Lo svizzero non ha difficoltà a segnare, accendendo l’entusiasmo dei seimila alessandrini che avevano seguito la squadra. (Paolo Bertoldi, «La Stampa», 5 novembre 1957) Dopo l’euforia della vittoria sui blucerchiati, il pianto per la sconfitta con i grigi. Tutto regolare, ad ogni modo. Evidentemente il Genoa non ha calcolato bene le cose quando si è accordato per disputare il recupero con la Sampdoria al venerdì e dopo tre giorni appena per giocare la seconda partita contro i grigi. Cosicché, mentre venerdì scorso i rossoblù erano apparsi splendenti di forza e di salute, quest’oggi erano addirittura irriconoscibili. Non una azione ben fatta, non un passaggio esatto, non uno slancio, non una corsa. Sembravano dieci uomini imbambolati ed ipnotizzati. Soltanto il portiere Franci, che con alcune magnifiche parate ha impedito all’Alessandria di conquistare un maggiore successo, è apparso nel pieno dei suoi mezzi. Gli altri sono quasi tutti naufragati, ad eccezione di Frignani, volenteroso, veloce e preciso. Abbadie, mancato tenacemente da Tagnin per tutta la gara, non si è visto e degli altri, eccezion fatta per qualche sporadica azione di Viciani, è meglio non parlare, soprattutto poi di Firotto e di De Angelis, quest’ultimo addirittura inesistente e quando interveniva lo faceva più in favore degli avversari che dei suoi compagni. Va detto quindi che l’Alessandria ha pienamente meritato il successo. La squadra grigia, naturalmente riposata, fresca ed in forze, non ha dato spettacolo di valentia: ha soltanto approfittato della opaca giornata dell’avversaria per cogliere un successo che, a cose viste, è apparso ampiamente meritato. Avrebbero potuto segnare anche di più i grigi nelle azioni di contropiede, soprattutto quando il Genoa, insistendo all’attacco, si smarcava troppo in difesa, consentendo nei rapidi capovolgimenti di gioco agli attaccanti grigi di giungere spesso a tu per tu con Franci. E va data lode al portiere rossoblù se l’Alessandria non ha maggiormente arrotondato il suo bottino. Naturalmente la partita è stata piacevole per l’Alessandria, la quale, avendo applicato il «catenaccio» sin dalle prime battute, è riuscita facilmente a controllare il gioco disordinato e sfasato del Genoa. Pedroni, infatti, è retrocesso subito a terzino, mentre Traverso si è appostato al centro della mediana e Tagnin è arretrato in seconda linea a fare la guardia del corpo ad Abbadie. Con questo schieramento difensivo ed avendo di fronte un attacco inesistente è stato facile per l’Alessandria impedire al Genoa qualunque azione. A questo riguardo va aggiunto che il portiere dell’Alessandria non è stato quasi mai impegnato e quando ha dovuto intervenire è sempre stato lavoro di ordinaria amministrazione. Del Genoa si è detto. L’ombra della squadra che tre giorni prima aveva battuto in modo così travolgente la Sampdoria. Evidentemente è stata sbagliata la data del recupero con i grigi e da questo i dirigenti potranno trarre le logiche conseguenze. Va aggiunto anche che oggi l’alchimia di Frossi è mancata completamente. Il nuovo allenatore rossoblù ha mandato in campo la stessa squadra di venerdì scorso, ma ha cambiato il ruolo agli attaccanti: ha messo Firotto al centro, facendolo poi indietreggiare per mandare Abbadie a mezz’ala di punta. Ha spostato Corso all’ala sinistra, mentre Corso sarebbe stato più indicato per andare allo sbaraglio contro la difesa grigia. In tal modo l’attacco è naufragato completamente ed in seguito sono naufragate anche mediana e difesa, eccezion fatta per Franci: il solo portiere del Genoa, insieme a Frignani ed in parte a Viciani, si sono salvati dal disastro. Dell’Alessandria, tutti gli undici uomini vanno messi all’incirca sullo stesso piano. Le loro condizioni fisiche nettamente superiori a quelle del Genoa hanno consentito alla squadra grigia di disputare una partita accorta e intelligente. Il portiere, come si è detto, non è stato mai impegnato a fondo. Nardi e Giacomazzi, insieme a Pedroni, hanno svolto un buon lavoro di rottura, mentre Marcellini e Traverso hanno controllato sempre efficacemente i loro diretti avversari e Tagnin, per quanto abbia lavorato sempre arretrato alla guardia di Abbadie, ha assolto il suo compito nel migliore dei modi, tanto che il temutissimo attaccante rossoblù non ha potuto fare nemmeno un’azione delle sue, solitamente così brillanti. All’attacco bene Vonlanthen, sempre scattante e pericolosissimo. Bisogna aggiungere che se Manenti e Vonlanthen fossero stati più accorti nelle azioni di contropiede, avrebbero potuto aumentare notevolmente il bottino della squadra ospite. Alla partita ha assistito un pubblico foltissimo con la partecipazione di circa ottomila tifosi alessandrini giunti con numerosi treni speciali a Genova. Pomeriggio di sole, dopo una mattinata di piovaschi. Terreno piuttosto pesante. Leggera contusione a Carlini al 7’ del primo tempo, per la quale il rossoblù ha dovuto restare fuori campo per circa un minuto. Numerose ammonizioni nella ripresa: al 3’ Delfino, al 17’ Abbadie per proteste; al 20’ Carlini per gioco duro; al 23’ Traverso ed al 27’ Manenti per proteste. I rossoblù sono andati all’attacco subito, ma si sono trovati immediatamente impastoiati dal catenaccio dei grigi e hanno trovato difficoltà nel manovrare. L’Alessandria è stata più pericolosa nelle azioni di contropiede e dopo il quarto d’ora ha portato alcuni attacchi ben congegnati, obbligando il Genoa ben tre volte in calcio d’angolo. A metà tempo, i grigi si sono fatti addirittura pericolosissimi. Al 24’ un’azione Vonlanthen-Savioni ha messo il centroattacco in condizione di segnare comodamente, ma lo svizzero ha tirato da due assi in pieno su Franci. Tuttavia, due minuti dopo, l’Alessandria è andata in vantaggio: avanzata di Manenti che ha trovato la difesa rossoblù troppo scoperta e il passaggio sulla destra a Vonlanthen, che si era smarcato intelligentemente, ha trovato il centrattacco completamente libero, sicché ha potuto battere facilmente il portiere genoano, con un raso terra, infilando in un angolo. Il Genoa è apparso disorientato, poi si è ripreso, ha impostato qualche azione, la più bella delle quali, Frignani-Abbadie, è stata conclusa da Firotto con un tiro troppo alto. Poi, per poco, i grigi non hanno raddoppiato il bottino quando al 41’ una fuga di Vonlanthen sulla destra, con un centro alla perfezione, ha trovato Traverso pronto a raccogliere di testa, ma da tre passi il laterale grigio ha spedito oltre la traversa. Nella ripresa, dopo poche battute, il Genoa ha cambiato lo schieramento della prima linea: Corso ha assunto il comando dell’attacco, Abbadie è andato all’ala destra e Frignani all’ala sinistra, mentre Firotto si è schierato a mezz’ala. Si è vista una maggiore aggressività nella squadra rossoblù, ma come tono, sempre una povertà e un disorientamento inconcepibili. Sempre battuti sullo scatto e sulla velocità, i genoani dagli alessandrini. La fisionomia di questo secondo tempo è stata pressoché uniforme: un Genoa tutto schierato all’attacco per cercare il pareggio, ma oltremodo confusionario e disordinato, sempre prevenuto, nelle azioni conclusive, dai difensori grigi. E gli attaccanti alessandrini, con azioni in contropiede, sfioravano continuamente il successo. In questo frattempo, Manenti, Vonlanthen e Savioni, sfuggiti a più riprese, si sono visti precludere la via del successo da ardite e tempestive parate di Franci, mentre d’altra parte il Genoa, pur attaccando di continuo, non riusciva a cavare il tradizionale e proverbiale ragno dal buco. La partita si avviava, quindi, al termine sotto quest’aspetto, quando a tre minuti dalla fine l’Alessandria ha ribadito i suoi diritti alla vittoria in seguito a una fuga di Marcellini in contropiede. Il piccolo mediano destro, giunto quasi sulla linea di fondo completamente libero, ha mandato il pallone al centro; sul pallone si sono buttati contemporaneamente Franci e Vonlanthen, ma la meglio è toccata allo svizzero che, precedendo di un soffio il disperato tuffo del portiere rossoblù, ha scagliato al volo il pallone in rete. (Renzo Bidone, «Corriere dello Sport», 5 novembre 1957) L’Alessandria inizia guardinga, arretrando Tagnin su Abbadie. Lieve supremazia del Genoa il cui gioco troppo stretto, però, non riesce a mettere in difficoltà la difesa dei grigi. Il primo pericolo è corso da Franci al 24’ su una incursione di Vonlanthen, che obbliga il portiere rossoblù ad una difficile parata. Poco dopo è lo stesso centrattacco dei grigi ad impegnare ancora la difesa genoana. Al 26’ Manenti, con un preciso passaggio dalla sinistra, spiazza la difesa rossoblù e Vonlanthen, irrompendo dalla destra, mette in rete. Al 38’ una buona azione iniziata da Abbadie e proseguita da Frignani mette Firotto in condizione di segnare, ma il suo tiro esce a lato. Al 41’ Traverso sbaglia un gol facilissimo, mettendo anch’egli a lato. Nella ripresa il Genoa ha cercato disperatamente il pareggio, cozzando però contro una Alessandria arroccatasi in difesa. Dei grigi il solo Vonlanthen era all’attacco, a centro campo, con l’incarico del disturbo alla difesa rossoblù, ed è stato appunto lo svizzero che, al 42’, concludendo una triangolazione tra Marcellini e Manenti, ha segnato la seconda rete per i grigi. Raramente Franci è stato impegnato, mentre la prima linea rossoblù, pur attaccando continuamente, si è dimostrata oggi priva di mordente ed incisività. Dei grigi superlativa la prestazione di Tagnin e Vonlanthen. Il primo si è preso sulla coscienza Abbadie e lo ha neutralizzato; lo svizzero, dal canto suo, ha impegnato da solo tutta la difesa. La squadra grigia, come si è detto, ha sciupato un’infinità di occasioni: le reti potevano essere almeno cinque. («L’Avanti», 5 novembre 1957) Domani al « Moccagatta » incontro di cartello Alessandria - Napoli Entusiasti i tifosi per la bella affermazione dei grigi a Genova Immutata la formazione della squadra contro i partenopei Gli sportivi alessandrini che lunedì si sono recati a Genova per assistere all’incontro tra rossoblù e grigi non solo sono stati soddisfatti, ma hanno avuto modo di entusiasmarsi per la superba prova della squadra dell’ing. Sacco, che ha dominato il Genoa per tutti i 90 minuti. È stata una affermazione raggiunta con tale superiorità da evitare anche le solite discussioni che fanno seguito ad ogni incontro calcistico. Vittoria della tecnica, della volontà e diciamo pure della semplicità con la quale i nostri ragazzi hanno sciorinato temi d’attacco con potenza di fiato sorprendente; non per noi, ma per il pubblico ligure ed i suoi tecnici. La franca vittoria dei rossoblù nel derby di venerdì 1º novembre aveva creato un’euforia tale nei genoani da spingerli a ritenere cosa fatta l’incasellamento dei due punti, a spese dell’Alessandria, con una vittoria a largo punteggio, forse più secca di quella subita dai grigi a Verona. L’allenatore Annibale Frossi, col risultato pari con la Spal e con la vittoria sul Sampdoria, si era dimostrato sicuro di battere la nostra squadra, ma alla prova dei fatti è stato nettamente sconfitto dall’amico Pedroni. Per parlare di questi due elementi, occorrerebbe ritornare alla polemica precampionato, quando troppi tecnici o presunti tali avevano negato a Pedroni, allenatore-giocatore, la possibilità di reggere le redini della squadra: a conti fatti, e senza voler incensare nessuno, è doveroso riconoscere che l’allenatore alessandrino è oggi al primo posto tra coloro che sono stati chiamati a tale difficile ruolo (senza contare coloro che già sono stati esonerati dall’incarico di allenatore). Si è visto domenica [sic, lunedì] che lo stratega Frossi, l’uomo dei «contropiede», è stato battuto dall’Alessandria con la tattica da lui preferita, e sta di fatto che Pedroni ha dato un’esibizione all’amico Frossi di come si applica il «contropiede», arrivando pure lui nell’area avversaria e sfiorando il successo con un tiro di rara potenza che è appena finito di qualche centimetro sulla traversa. Inoltre, l’errore maggiore dell’allenatore genovese è stato quello di spostare nella ripresa Abbadie all’ala destra: tale variante era stata provocata dal fatto che al centro il «gendarme di servizio», Tagnin, non aveva permesso al diretto avversario di rendersi utile ai compagni. Il povero Abbadie, per lo spostamento della ripresa, cadde, come si suol dire, dalla padella alla brace, perché, oltre che con Tagnin, doveva vedersela con lo scaltro Giacomazzi. Per questi motivi si è avuta una ridotta efficienza della squadra ligure. Si può quindi concludere che i temi di gioco si possono applicare con più proficui risultati sul campo che non alla lavagna, in palestra o sulla carta. Le reti sono state segnate, una per tempo da Vonlanthen, la prima su azione Savioni-Manenti, la seconda a conclusione di una lunga discesa dell’instancabile Marcellini. Altre reti sono state evitate dall’ottimo Franci, o per tiri errati dei nostri attaccanti. Accomuniamo nel plauso tutta la squadra grigia ed anche il pubblico, che ha saputo a Marassi incitare i suoi beniamini nei periodi più cruciali, scandendo l’ormai fatidico «forza grigi!». Ci avevano detto che a Marassi, sulle gradinate di destra, avremmo trovato tutti sampdoriani, ed a sinistra i genoani. Ad onor del vero, ci siamo trovati in mezzo a migliaia di mandrogni purosangue che gridavano «forza grigi» meglio che al Moccagatta; i sampdoriani erano rari e tifavano per noi. Sull’altro settore, zona minata, e per informazioni rivolgersi a quattro dipendenti della Lancav ed all’ex massaggiatore dei grigi, l’anziano Assandro «Dumini». Guai a compiere un gesto d’entusiasmo per i grigi, un vero supplizio di Tantalo: però, meglio reprimere la gioia di una vittoria che l’amarezza di una sconfitta. Dopo l’esempio pratico di Genova, sarebbe opportuno che anche al Moccagatta si stabilissero le zone per i tifosi locali e per gli ospiti. La colonia partenopea sarà domani veramente imponente, anche perché sono stati segnalati arrivi di tifosi napoletani da Torino, Milano e Genova: ragione per cui dividere i sostenitori delle due squadre (senza carattere di obbligatorietà, naturalmente) potrebbe giovare al buon andamento della partita e sportivamente ognuno potrebbe incitare la propria squadra, senza insofferenze altrui. I genovesi, lunedì scorso, quando hanno visto entrare in campo il nostro Tagnin, hanno esclamato: «Quello lie, con ‘e gambe gianche, che u pa’ a reclame de l’asiatica, t’ou metan a guardia d’Abbadie? Poveri mandrogni!». Dura realtà dei fatti, e crollo dell’euforìa genoana nel constatare che, durante l’incontro, di fronte a Tagnin, l’astro dell’Uruguay si era trovato nei guai e non tirava mai. Veniamo informati che, dopo il fischio finale dell’arbitro, Abbadie, cavallerescamente, ha aspettato Tagnin e gli ha steso la mano: «Felicitazioni, sei stato grande! Però questa sera dovrei andare dalla fidanzata: mi lascerai libero?». «Credo di sì - ha risposto la brava mezz’ala alessandrina «comunque, chiedilo a Pedroni!». Lunedì sera a Genova è mancata improvvisamente la luce ed i fari delle auto fendevano le tenebre come lingue di fuoco. Circolazione bloccata: perché? Guasto elettrico alla centrale o corto circuito rionale? Sta di fatto che, in piazza De Ferrari, una voce annunciò: «È stata l’Alessandria a spegnere la Lanterna al porto!». Quando tornò la luce, colui che aveva gridato aveva già tagliato la corda. (Andrea Canestri, «Il Piccolo», 9 novembre 1957) RISULTATI: [7ª giornata] Genoa-Sampdoria 3-1 [9ª giornata, 3 novembre 1957] Atalanta-Padova 1-1 Bologna-Roma 0-0 Internazionale-Verona 1-0 Lanerossi Vicenza-Juventus 2-1 Lazio-Fiorentina 2-2 Napoli-Spal 2-0 Torino-Milan 3-2 Udinese-Sampdoria 3-3 (giocata il 4 novembre 1957) CLASSIFICA: Juventus 15; Napoli 13; Fiorentina, Roma 12; Alessandria 11; Lanerossi Vicenza, Padova 10; Internazionale, Sampdoria, Verona 9; Lazio 8; Milan, Spal, Torino, Udinese 7; Atalanta, Bologna 6; Genoa 4. MARCATORI 10 gol Vinicio (Napoli) 9 gol Hamrin (Padova) 7 gol Bean (Milan), Lindskog (Udinese) 6 gol Charles (Juventus), Di Giacomo (Napoli) 5 gol Firmani (Sampdoria), Lojacono (Fiorentina), Montuori (Fiorentina), Sivori (Juventus) 4 gol Bassetti (Verona), Vonlathen (Alessandria) Il punto sul campionato L'Alessandria rinnova il prestigio della vecchia provincia calcistica La squadra grigia ha ormai raggiunto il gruppo di testa - Tagnin, maratoneta del campionato - La grande giornata del Torino - L'infortunio juventino L'Alessandria ha vinto anche a Marassi. Gli occhi sono puntati su questa squadra che, partita senza pretese, un passo dopo l'altro è arrivata nelle prime posizioni del girone. E' partita senza pretese, ma non sappiamo ora come la pensi. Vi sono squadre che sono fatte di grandi nomi, altre i cui nomi dicono poco o niente, ma bisognerebbe sempre giudicare ignorando come sono composte. Il prestigio di un giocatore affascina, e riesce talvolta ad influenzare i giudizi. Prendete Schiaffino, grande nome e, un tempo, grandissimo giocatore. Oggi vale circa la metà di quando l'abbiamo visto ai mondiali in Svizzera, ma la sua fama è pressoché intatta, richiama l'occhio sul suo gioco, suggestiona i compagni. E' l'uomo della regia, ma ha bisogno di spazio, si trova male nel corpo a corpo e peggio ancora se deve sgambare avanti e indietro. E' un atleta che richiede un determinato ambiente di gioco, la partita calma che consenta di ragionare, il terreno per muoversi. Giocatore ideale da centro campo, ma in certe partite il centrocampo è scavalcato, e sotto c'è ressa. Gli anni passano anche per lui, la sua mobilità è limitata, i riflessi sono meno pronti. Resta il tocco che è sempre quello d'una volta, il tocco di un artista, di un uomo che conosce i segreti della tecnica calcistica e non fa mai nulla a caso. Può deludere, ma non umilia mai la stia dignità di giocatore con mezzucci e ripieghi meschini. Prendete Tagnin, prodotto puro del vivaio italiano. Al contrario di Schiaffino, cominciano appena ora a conoscerlo, ma è già quasi un anziano. La sua carriera l'ha compiuta sgobbando, è l'uomo della spola, il maratoneta del campionato. E' venuto su lentamente, a forza di macinare chilometri, s'è fatto insomma con la sua abnegazione, il suo spirito di sacrificio, la sua grande volontà di riuscire. Quand'era ragazzo si diceva: «Che peccato, un cosi bel giocatore con così fragile fisico!». Pareva che una volta o l'altra dovesse cadere sfinito sul campo tanto era esile la sua costituzione. Finì in una squadra minore e pareva dovesse restarci per sempre. Fu il presidente dell'Alessandria a volerlo ad ogni costo. Ora Tagnin è immensamente meno famoso di Schiaffino, ma sul campo il suo lavoro conta assai più di quello dell'Uruguay ano. Si dice a Tagnin: tu devi controllare il tal giocatore. Si può essere certi che quel giocatore scomparirà dalla scacchiera della partita. Ha la tecnica sobria dell'atleta che possedendo a fondo il mestiere riesce a trasfondere nel gioco quello che gli serve e nulla di più. Marcarlo non si può. Ha m. raggio immenso di attività, si porta dietro il suo avversario in quelle passeggiate che non finiscono più, lo spreme, lo lascia come uno straccio. E non si creda che sia solo uno sgobbone. E' il tipico interno, non solo distruttore ma anche costruttore, ha la cadenza, il fiuto del gioco, la correttezza, l'istinto tattico di un altro grande giocatore del passato, alessandrino come lui: Ferrari. Tagnin è arrivato relativamente tardi alla notorietà, ma è ancora in tempo per ricominciare addirittura la sua carriera. Abbiamo voluto mettere a confronto due tipi di giocatori che occupano nelle rispettive squadre, il medesimo posto, anche un po' per spiegare il perché di certi risultati. La vittoria dell'Alessandria a Marassi è stata come il pezzo di bravura di una orchestra perfetta. Quella del Torino, il giorno innanzi, era stata un magnifico colpo di mano contro una vetusta fortezza. La squadra granata ha forse più slancio e più estro; quella alessandrina è invece più ordinata e più equilibrata in difesa. La vittoria sul Milan da parte del Torino, non può essere menomata dalle asserite deficienze arbitrali. E' stata troppo bella e troppo chiara. E' il successo del ritmo e dell'improvvisazione, dell'estro e della combattività: le doti che il Milan non ha saputo eguagliare. Si guardino i risultati delle prime nove giornate: in essi c'è la storia preoccupante di questa squadra che non ha ancora ritrovato se stessa. Intanto, nel settore di testa, l'alt della Juventus ha riacceso le speranze degli avversari. La Fiorentina ha pareggiato contro la Lazio dopo aver ricuperato due volte lo svantaggio: è una squadra che tiene su piano, ma vien su. La Roma avanza senza clamori, senza battere, ma sarà per la Juventus non meno dura della Fiorentina. Il Napoli ha messo, con la vittoria sulla Spai, ima pezza sui suoi mali, ma i rovesci recenti non hanno ancora finito dì amareggia re i tifosi. La squadra — essi pensano — avrebbe ora scavalcato la Juventus. Con «se » si tira la logica come si vuole. D'altra parte, la sconfitta della Juventus, se pesa sulla classifica, non intacca però il valore della squadra. Tutti sanno come è maturata. Senza Charles tutto cambia, non si fa più lo stesso gioco, c'è un punto di partenza ma difficilmente un punto d'arrivo, e una manovra impiantata su determinate pedine non può ripetersi se una di queste pedine viene a mancare. Quello che amareggia non è la sconfitta in sé, ma il modo. Una domenica o l'altra il capitombolo doveva venire, l'imbattibilità è un peso duro da sopportare, affanna i giocatori, influisce sul comportamento della squadra, toglie serenità al lavoro di tutti. Certo, la sconfitta non crea il buon umore, ma poiché evitarla per sempre non si può, è meglio non drammatizzarla. E' quello appunto che si pensa anche alla Juventus. Perdere a Vicenza può essere un infortunio, la sconfitta sorprende ma nello stesso tempo non limita la valutazione della squadra, diventa uno spiacevole ma non grave incidente di strada. Lo stesso che aveva già dovuto subire anche la Fiorentina. Quello che importa è reagire subito. Domenica arriva la Lazio. (La Stampa - Ettore Berra)