Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1957/1958
Serie A
02-02-1958 - Giornata: 19 - Alessandria - Giuseppe Moccagatta


Alessandria US - Torino AC 0 - 0 (0 - 0)


Alessandria US Nobili Natale, Boniardi Umberto, Giacomazzi Giovanni, Snidero Cirano, Pedroni Franco, Albertelli Lanfranco, Castaldo Ercole, Vitali Alessandro, Vonlanthen (II) Roger, Tagnin Carlo, Savioni Marco All.: Pedroni Franco

Formazione avversaria
TORINO AC: Rigamonti Vincenzo; Brancaleoni, Cancian; Fogli, Ganzer, Bearzot; Santelli, Armano, Bacci Giancarlo, Bonifaci, Bertoloni. All.: Marjanović Blagoje.

Arbitro: Orlandini Vincenzo (Roma)
Note
Angoli: 6-4 (1-2). Spettatori: 15.000. Giornata di sole, terreno pesante ricoperto di segatura. Inizio gara ore 14:30.

Commento
PER IL TORINO UN PEZIOSO 0-0 AD ALESSANDRIA Il risultato nullo rappresenta in genere, assieme alla capacità di difendere, la incapacità di concludere delle due parti in causa. E, delle due cose, quella che sempre maggiormente impressiona è sempre la sterilità di chi va sul campo per attaccare e segnare: perché, alla lunga, lo scopo per cui si disputa una partita e per il quale si invita il pubblico sul campo, è quello di spedire, o di veder spedire, dei palloni in rete, come quello per cui ci si allinea sul terreno di giuoco consiste nel reciproco e contrastante tentativo di vincere. L’esito dal colore e dalla sostanza bianca significa il fallimento generale di questi intenti e di questi propositi. Questa è una verità di tutti i tempi, una verità che si addice quindi anche alla partita di ieri fra i grigi di Alessandria ed i granata di Torino. Ma, nel caso specifico, pare più proprio parlare di un fallimento dell’Alessandria che non di un insuccesso del Torino. Perché, a parte il fatto che l’uno era il padrone di casa e l’altro l’ospite, i grigi hanno fatto perno della loro politica di giuoco della giornata, l’attaccare ed il perforare – e non sono giunti a nulla – ed i granata hanno basato, se non proprio tutta, certo buona parte della loro tattica dell’occasione sul difendersi e sull’impedire di essere travolti dall’avversario – e ci sono riusciti. La politica della difesa ad oltranza a mezzo di espedienti tattici speciali è sempre da condannare, quando è premeditata. In questo caso, il Torino, venutosi a trovare privo di Ricagni e di Tacchi ed all’ultimo momento anche di Arce, può aver avuto qualche attenuante, ma abbiamo l’impressione che sia stato più che altro la superiorità dell’avversario a costringere i granata a difendersi coi denti ed in modo così serrato e coriaceo. Volenti o nolenti, per i torinesi non è rimasto altro da fare che tenere a bada gli alessandrini, per buoni due terzi della durata complessiva dell’incontro. Non avevano altro da fare ed il loro richiamo di tanti fra i loro attaccanti a puntellare la difesa è avvenuto più per la decisa spinta delle circostanze che per deliberata volontà propria. E, nel duello unilaterale che ne è sorto e che ha occupato tanta parte dell’incontro, è avvenuto che l’assediante non ha raggiunto lo scopo e l’assediato invece sì. Come spesso, in simili casi, succede. Perché la partita in sé non offre – come si conviene ad uno zero a zero – gran materia per narrazione o per commenti. Il giuoco non ha mai raggiunto particolare levatura in nessuno dei novanta minuti. Dei due tempi, il primo è stato il più aperto ed il più vario. Anche in esso, la prevalenza e la superiorità complessiva è stata dei padroni di casa, ma all’attacco gli ospiti non hanno rinunciato mai in modo completo. Qualche avanzata l’hanno inscenata anche, non dimostrando però né forza penetrativa, né capacità conclusiva alcuna. I soli tiri partiti dai piedi degli avanti granata, in questo come nel tempo che doveva seguire, sono dovuti a tentativi improvvisi ed eseguiti, per lo più da lontano, dall’uomo di punta della linea, Bacci. La messa principale del lavoro fu eseguita invece dagli attaccanti locali. Una massa davvero notevole. Ma, contrastati subito dal primo sbarramento difensivo granata, questi attaccanti non trovarono di meglio, per giungere allo scopo che si prefiggevano, se non di giuocare in linea. Una specie di tentativo di aggiramento delle posizioni. Di azioni in profondità mai nessuna. E questo fu il difetto che sta alta base della incapacità realizzatrice della prima linea dei padroni di casa. Dalla inutile schermaglia degli avanti alessandrini, i difensori granata attinsero confidenza e consistenza. Bonifaci, che fu il primo ad assumere posizione arretrata, tirava con criterio tutte le falle che si aprivano nello sbarramento. Ganzer e Fogli giuocavano con una calma ed una sicurezza esemplari. E Cancian, il terzino esordiente, si era dedicato, per non sbagliare, ad un avversario solo, la mezza ala destra, Vitali, e lo seguiva schiavamente dovunque quello si trovasse o andasse. E, per fornire la prova che non si sentiva affatto emozionato, arrivò anche ad eseguire una gran rovesciata volante in piena area di rigore. Di altro di rilevante, ben poco. Qualche tiro errato da parte di Vitali e compagni, qualche sgroppatina subito frenata da parte di Vonlanthen e nessun vero o scampato pericolo per la rete difesa da Rigamonti. All’inizio della ripresa si aveva lo spettacolo insolito di un Torino che si distendeva all’arrembaggio, come volesse tentare il colpo di sorpresa. Per una diecina di minuti e forse più, gli attaccanti granata la facevano da protagonisti lanciandosi in avanti ed impegnando l’avversario, senza dare però luogo mai a nessuna situazione pericolosa per Nobili e compagni. Poi, poco per volta, l’Alessandria si risvegliava, si riprendeva e si proiettava tutta in avanti. Cominciava allora il «serrate» finale dell’undici locale, un «serrate» che doveva durare una mezz’ora abbondante e che doveva costituire il periodo più vivace e combattuto di tutto l’incontro. Tutti protesi in avanti gli alessandrini e, uno per volta, tutti, meno Bacci e qualche volta Santelli, tutti indietro a fare argine ed a respingere gli attaccanti torinesi. La prima linea dei grigi giungeva con irruenza fin sul limite dell’area di rigore e, lì giunta, si frangeva come le onde al contatto di un duro argine. Calci d’angolo, tiri a lato ed un gran palleggiare che non faceva avanzare di un metro gli aggressori. E qualcuno, nella difesa del Torino, che non sbagliava un pallone e si portava da maestro: Fogli, Ganzer, Bonifaci fra altri. E, ad un dato punto, su un’improvvisa reazione, l’ala destra granata che sfuggiva a tutti, mandava al centro un bel pallone a mezza altezza, Bacci che interveniva di testa e sfiorava il lato esterno di un montante. Riprendeva, sempre più vivace e sempre meno perforante, l’offensiva dei grigi. I difensori granata avevano oramai presa la piena misura di coloro che stavano loro di fronte e, dalle posizioni dalle quali dominavano la situazione, più non si muovevano e più non venivano superati. (Vittorio Pozzo, «Stampa Sera», 3 febbraio 1958) In certi casi non si sa bene se lodare chi è riuscito a strappare un punto in condizioni difficili oppure criticare chi, avendo meritato di vincere, ha in definitiva rinunciato al successo commettendo vari errori. In sostanza, nel caso dell’Alessandria, si è provata la sensazione di una sia pure involontaria rinuncia al successo in almeno tre occasioni. E ciò non toglie che la squadra grigia sia stata superiore e abbia combattuto con grande impegno fino alla fine accentuando, con il trascorrere dei minuti, quella pressione che, al tempo stesso, sottolineava la prova degli uni e valorizzava la difesa degli altri. Il Torino, fermamente deciso a salvare il risultato, ha applicato il proprio programma con crescente sicurezza, pur dovendo ricorrere nell’ultima parte della gara a un continuo rafforzamento del settore difensivo. Ne è scaturita così una gara molto impegnativa e anche vivace, apprezzabile sul piano agonistico anche se talvolta povera di contenuto tecnico. E per meglio dire, le due squadre hanno vuotato le stive della più accettabile impostazione tecnica nel primo tempo, che ha avuto una prima fase di un quarto d’ora a favore netto dell’Alessandria e una seconda di mezz’ora molto equilibrata. Nella ripresa, il Torino ha puntato assai più visibilmente al pareggio e ha gradatamente smantellato l’attacco, concedendo terreno e iniziativa all’avversaria e creando una fitta barriera nella propria area. Nella quale area, Ganzer sembrava una vecchia chioccia saggia sempre pronta a correre là dove sorgeva un pericolo per i suoi pulcini. E svolazzando e dando qualche beccata tempestiva e anche qualche malignetto colpo d’ala, riusciva ad essere su tutti i palloni difficili. Né si deve pensare che gli altri fossero dei pulcini privi di difesa, perché da Fogli, in magnifiche condizioni, a Bonifaci, sempre in movimento, a Bearzot, energico e tempestivo anche se zoppicante, molti erano i granata che riuscivano a fiancheggiare degnamente l’indaffarato Ganzer. E c’erano anche Armano, che al rinvio preferiva saviamente il tentativo di costruzione, e l’attento Rigamonti e quel debuttante Cancian, che nel primo tempo aveva messo al suo attivo un tentativo di lusso. In altre parole, c’erano tutti, perché i soli Bacci (unico tiratore dei granata) e Bertoloni (qualche fuga) fungevano da attaccanti in questo secondo tempo alessandrino. In tale quadro si può ora inserire uno degli errori di Vitali, forse il più clamoroso della giornata. A undici minuti dalla fine, l’interno, che già aveva fallito un sicuro gol in apertura, perdeva l’occasione più facile non utilizzando un passaggio di Vonlanthen. L’imprecisione dell’interno di punta ha indubbiamente avuto un peso decisivo, anche se non priva di errori è stata l’azione degli altri attaccanti grigi, impacciati in Savioni e Castaldo e sorvegliatissimi nel pur servizievole Vonlanthen. Tagnin, invece, ha fatto storia a parte ed è stato forse il miglior uomo in campo per la visione del gioco, per la mobilità e per l’abilità del tocco. Da Tagnin sono partite, in definitiva, le azioni più apprezzate, soprattutto in quel primo tempo che ha consentito all’Alessandria di mettere in vetrina un gioco sbrigativo, veloce e basato sugli allunghi in profondità. Il resto dell’Alessandria ha tenuto bene anche a causa della rinuncia offensiva da parte del Torino. Molto a posto Pedroni; sicuro Nobili, soprattutto in un paio di occasioni create da Bacci; tranquilli i due terzini; buoni lavoratori, anche se alquanto grezzi, i due laterali, con una nota di biasimo a Snidero per le inutili rudezze. Apprezzabile, infine, la direzione di Orlandini, energico e buon corridore. Bella giornata di sole; terreno pesante e completamente ricoperto di segatura. Nel Torino debutta il sacilese Cancian, classe 1936, già del Pinerolo. Al 26’ del primo tempo, Bearzot, colpito al ginocchio destro da Snidero, esce per tre minuti, e poi si sposta all’ala sinistra per un quarto d’ora, riprendendo infine il proprio posto. La cronaca si apre con un attacco alessandrino. Vonlanthen scatta sulla destra e serve Vitali che indugia; potrebbe essere gol, ma Rigamonti esce e può salvare. L’Alessandria gioca con Snidero su Bacci, Tagnin arretrato e Pedroni libero. Il Torino punta sulla mobilità di Bonifaci e sull’arretramento di Armano e, a turno, di una delle ali. Attacca ripetutamente l’Alessandria con Savioni (che cade al 5’) e Castaldo (tiro parato al 7’) e, dopo un’incursione di Ganzer, con Vonlanthen (tiro a lato al 14’) e con Vitali (tiro para). Poi il gioco si fa più equilibrato. Fugge Bertoloni su lancio stupendo di Ganzer e Snidero salva al 21’; poi, Fogli allunga a Bacci che ferma di sinistro e spara al volo con mezza rovesciata al 25’ (parata di Nobili). Al 32’, Tagnin dà a Snidero che centra a Castaldo spostatosi rapidamente: Cancian, con un acrobatico intervento, salva a portiere ormai spiazzato. Nel secondo tempo, dopo un lungo scambio di angoli, un colpo di testa di Savioni e un tiro di Bearzot precedono una fuga di Vonlanthen su lancio di Tagnin al 14’. Il centravanti scavalca Bonifaci e Ganzer, ma è urtato da Brancaleoni e perde la palla buona in area. Botta di Snidero al 24’ (respinta di pugni di Rigamonti) e risposta di Bacci al 26’ (parata di Nobili). Al 34’ Savioni dà a Vonlanthen che scatta a sinistra e centra a Vitali ben smarcato: gol mancato con un tiro fiacco a lato. Ultimo tentativo, al 45’, di Tagnin sulla sinistra. Ancora Ganzer, che già aveva effettuato un paio di salvataggio (sfiorando perfino l’autogol al 38’), giunge primo di testa sul pallone e polverizza le ultime speranze degli alessandrini. (Massimo Della Pergola, «La Gazzetta dello Sport», 3 febbraio 1958) Nulla di fatto tra grigi e granata dopo 90 minuti di gioco alterno, con note di demerito per i due reparti attaccanti, confusionari e imprecisi. Il campo, cosparso di un abbondante strato di trucioli di legno, rendeva inoltre difficile la manovra ed il controllo della palla. La squadra locale ha avuto più occasioni, puntualmente fallite: il Torino, dopo un primo tempo deciso e dieci minuti di attacchi nella ripresa, si è chiuso in difesa, lasciando a Bacci, Santelli e Bertoloni il compito delle azioni di contropiede. Si sono distinti Pedroni, Albertelli e Vonlanthen nell’Alessandria, Rigamonti, Fogli, Armano e Bacci tra i granata. Al 14’, azione Tagnin-Vonlanthen e improvvisa rovesciata a volo di Vitali: Rigamonti si produce in una spettacolare parata. Il Torino risponde minaccioso con una sventola di Bacci che passa alta di poco sulla traversa. Al 32’, convulse azioni in area torinese senza esito. Ancora un tiro di Bonifaci alto, poi un arretramento di Vonlanthen da parte di Brancaleoni, il centrattacco alessandrino stava entrando in area solo verso il portiere. Nella ripresa, in apertura Armano costringe Nobili a deviare in angolo un forte tiro. Quattro calci d’angolo nel giro di dieci minuti movimentano la partita e al 12’ Bearzot tira a lato di poco. Poi, l’Alessandria passa decisamente al contrattacco ed ecco il Torino che si accartoccia in difesa. Lo zero a zero viene applaudito dal pubblico, che non ha ritenuto nessuna delle due squadre meritevoli di vittoria. («l’Unità», 3 febbraio 1958) Inaspettato pareggio tra «grigi» e «granata» DOMANI L’ALESSANORIA A S. SIRO CONTRO IL MILAN Quella di domenica tra Alessandria e Torino è stata una partita mediocre, nel corso della quale la nostra squadra ha perduto la facile occasione di incasellare due preziosi punti. Quando gli incontri finiscono alla pari, in genere, nessuna delle due squadre è soddisfatta del risultato. Domenica, invece, il Torino ha esultato per il pareggio, raggiunto dopo una mezz’ora di affannoso «catenaccio». La nostra squadra è mancata completamente nella linea mediana e, più precisamente, nei laterali, a parte Pedroni che per il particolare ruolo che ricopre deve essere considerato terzino. Per giunta, Savioni, ancora a corto di allenamento, non era mai a posto e, pur sapendo che Vitali, quando si sposta sul settore destro, sovente riesce a mettere al centro palloni sfruttabili, non ha mai coadiuvato nel gioco il compagno: per tre volte, quando la palla è spiovuta all’altezza dell’interno sinistro, Savioni era spostato eccessivamente a destra. La tattica di gioco è stata negativa perché è stato tenuto in posizione arretrata per tutto il primo tempo anche Castaldo. Le nostre azioni d’attacco convergevano sempre al centro e l’unico giocatore che ha importunato il portiere del Torino è stato Vitali: ma proprio il nostro interno destro ha sciupato alcune facili occasioni nel voler risolvere le incursioni con inutili virtuosismi tecnici. Vitali diventa ormai troppo monotono; ogni qualvolta è in possesso della palla, insiste nel voler superare gli avversari, si ferma ed attende che tentino l’intercettamento, ma intanto i difensori retrocedono ed i compagni vengono marcati dagli avversari stessi e l’azione va in fumo. È notorio che un interno, giocando a fianco di Vonlanthen, dovrebbe giocare di prima, allungando la palla in profondità per permettere a Roger di tirare a rete: con un gioco così ibrido per mancanza di collegamenti e con gli errati allunghi dei mediani, la nostra squadra si è esaurita, dimostrando tra l’altro di non avere ancora capito la tattica di gioco sul terreno pesante. D’altra parte, vi è da rilevare che l’abbondante strato di trucioli di legno sparsi sul campo ha dato risultato negativo. La retroguardia torinese ha avuto buon gioco nel frenare le nostre incursioni; il migliore del nostro attacco è stato Vonlanthen che, anziché usufruire di lanci in profondità, deve adattarsi a servire gli altri ed ha fornito ai compagni tre ottimi palloni da rete. Con meno generosità e con maggior responsabilità dell’azione, Vonlanthen potrebbe ottenere risultati sorprendenti. Dopo tanto scalpore contro la Alessandria, abbiamo visto domenica che il Torino si è chiuso in difesa peggio dei grigi a Firenze. La più bella documentazione è stata riportata da «Tuttosport»: in una fotografia, l’attaccante Armano che si trovava sulla linea della rete, alle spalle del portiere Rigamonti; e chi tentava di impadronirsi della palla per saettarla in rete era Pedroni, il nostro centrosostegno, divenuto centrattacco. Dopo Charles, che aveva salvato la propria rete sulla linea della porta, si è visto che anche Armano è divenuto prudentissimo. Non abbiamo però mai visto, noi che siamo «catenacciari», il nostro Vonlanthen nell’area di rigore di Nobili. Il comportamento del pubblico alessandrino è stato domenica alquanto fiacco ed infatti, nonostante l’importanza della posta in palio, non abbiamo udito il tradizionale grido: «Forza grigi!». Perché? Mistero. Sta di fatto che vi erano al nostro stadio una ventina di bandiere della squadra granata e due delle nostre, una del Bar Santo Stefano e l’altra del Bar Ligure, bandiere che erano state offerte da Piero Melchionni. Forse l’aumento dei prezzi d’ingresso (prezzi da… aristocratici) ha fatto diventare aristocratico anche il nostro pubblico? (Andrea Canestri, «Il Piccolo», 8 febbraio 1958) RISULTATI: Bologna-Lazio 5-0 Lanerossi Vicenza-Verona 1-1 Internazionale-Spal 4-0 Juventus-Udinese 2-0 Napoli-Milan 1-0 Padova-Genoa 6-3 Roma-Atalanta 0-0 Sampdoria-Fiorentina 3-1 CLASSIFICA: Juventus 29; Napoli, Padova 25; Fiorentina 22; Roma 21; Internazionale 20; Alessandria, Bologna, Lanerossi Vicenza, Verona 19; Milan, Torino 17; Lazio, Sampdoria, Spal 16; Udinese 15; Atalanta 14; Genoa 13 MARCATORI 17 gol Charles (Juventus), Hamrin (Padova) 14 gol Vinicio (Napoli) 12 gol Firmani (Sampdoria) 10 gol Bean (Milan) 9 gol Lindskog (Udinese), Sivori (Juventus) Il punto sul campionato La domenica calcistica è filata liscia senza risultati a sorpresa La Juventus è sempre salda al comando con immutato vantaggio su Napoli e Padova La Fiorentina battuta a Marassi dalia Samp è praticamente fuori della lotta per il titolo - Aggravala la situazione del Genoa - Il pareggio di Alessandria rinsalda la classifica e il morale del Torino Il Campionato si sta avviando, lentamente ma inesorabilmente, verso la sua fase decisiva. Ogni domenica che passa, lascia coi suoi risultati una traccia destinata a non scomparire in quello che può essere l'esito Anale della competizione. Le partite finora disputate ammontano a diciannove per ognuno dei contendenti: quelle ancora da disputare non sono più che quindici. Fra non molto si potrà cominciare a speculare su quel fatto importante che è il cammino che rimarrà da percorrere. Prima del prossimo incontro internazionale — quello che, a fine marzo opporrà gli azzurri alla nazionale austriaca a Vienna, ed a proposito del quale nulla vi è ancora di deciso da parte nostra, dove si attende che le acque siano meno mosse per riprendere a bordeggiare — per allora, dicevamo, con meno di una decina di incontri ancora in programma, molte delle importanti posizioni di classifica già saranno delineate. E, fra le posizioni importanti, andrà pure annoveratala terz'ultima, se questa, come pare fra tante opinioni contrastanti, obbligherà chi vi si troverà inchiodato all'ultimo momento, a discendere nella divisione B. Per ora, e sempre se le squadre a scendere di categoria saranno tre invece di due, il problema della retrocessione non offre che una indicazione attendibile, anche se poco gradita al palato dei vecchi sportivi: quella della caduta del Genoa. Il quale, a sventure del genere, non è nuovo. Esempio tipico di compagini che già illuminarono il nostro firmamento calcistico, e che ora sono ridotte a vivere di stenti, il vecchio Genoa sta peggio di tutti. E' relegato, da solo oramai, all'ultimo posto della classifica, non ha ancora vinto una sola partita fuori casa — precisamente come la Lazio ed il Verona del resto — conta su tredici punti di classifica su una possibilità di trentotto, ed ha il maggior numero di reti che gravano sul suo passivo: 38 pure. Fa due palloni nella propria rete per ogni incontro. Domenica, ha avuto la disavventura di incocciarsi a Padova in un avversario che aveva da sfogare il suo malumore per l'infortunio della giornata precedente. Ha pagato per tutti. Alla metà del secondo tempo perdeva per sei reti a zero: un po' fortunosamente si è ripreso con tre reti degli ultimi minuti, ma il rovescio rimane. E domenica prossima deve ricevere sul proprio campo, proprio la Juventus: l'ultima contro la prima classificata. Non è per nulla rassicurante, la situazione della squadra, che già vinse nove Campionati d'Italia! Nell'ordine delle possibilità che, sulle cifre attuali, può riversare il destino, dopo quelle negative del Genoa, vengono quelle positive della Juventus. La quale ha vinto questa volta in casa propria, una partita che può essere definita come un fatto di ordinaria amministrazione. Le due reti a zero inflitte alla incompleta Udinese, non contano che per la classifica. E questa trova i bianconeri in testa, con quattro inalterate lunghezze di vantaggio sul Padova e sul Napoli, e con sette sulla Fiorentina, nonché con 40 reti — il massimo — all'attivo. Stanno meglio come attacco che come difesa, i bianconeri: perché, se nessuno ha segnato più di loro, ben dieci sono le squadre che hanno incassato un minor numero di reti. L'avvenire immediato non è sfavorevole alla Juventus per due domeniche, nelle quali essa deve incontrare il Genoa a Marassi, e la Spai a Torino: poi viene la prova forte, il Padova col suo Hamrin e colla sua posizione in classifica, sul terreno veneto. Sarà quello l'incontro che potrà lasciare una impronta! Il discusso terzo goal della Pro Vercelli segnato da Badiali nell'incontro con la Biellese pronta durevole nella lotta per i viola sono andati a Genova, il primato: se supereranno e ne sono tornati battuti per quell'ostacolo, i bianconeri potranno trarre un gran sospiro I ripresa, dopo un primo tempo di sollievo. che li dava senz'altro per vin- Perché nel frattempo, la Fiorentina è quasi scomparsa dal- energia, un ritorno di fiamma la contesa per i primi posti. lidi quarantacinque minuti della Sampdoria. Ma battuti da se stessi, più che altro. Che la Fiorentina, priva di qualcuno fra i suoi uomini migliori, non ha, nelle condizioni in cui scende in campo, il morale saldo: naviga bene col vento in poppa, il vento contrario la disunisce e scombussola. E domenica prossima deve incontrare, a Firenze, il vicino di casa il rivale Bologna in tale stato di grazia, da aver fatto un boccone solo della Lazio: un cinque a zero che rappresenta il risultato più secco e più rotondo di una giornata nella quale gli esiti a tinte forti certamente non mancano. Perché, in essa, se metà dei contendenti non hanno messo a segno un solo tiro, gli altri otto, da soli, ne hanno imbroccati la bellezza di ventisette: ben quattordici dei quali di marca straniera od oriunda. Il Torino aveva bisogno urgente di qualche punto di classifica, per rinsaldarsi il morale e per risalire materialmente di qualche po' in classifica. E' andato ad Alessandria, e ne importato a casa uno. E' sempre difficile come al solito il campo dei grigi, ma i suoi padroni di casa stessi vi si impegolano spesso e volentieri. Costretti, e dalla loro incompletezza dei quadri e dal predominio degli avversari, a difendersi, i granata si sono difesi magistralmente, riuscendo ad impedire agli alessandrini di piazzare in porta un solo tiro veramente pericoloso in tutta la partita. E. col Genoa, l'Udinese, la Spai, la Lazio, ed il Milan che sono rimasti tutti a mani vuote, sono risenti di qualche po' verso il centro della classifica. Domenica prossima, col Napoli in casa, la prova del fuoco, per il vecchio Torino. (La Stampa - Vittorio Pozzo)