Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1958/1959
Serie A
24-05-1959 - Giornata: 31 - Alessandria - Giuseppe Moccagatta


Alessandria US - Roma AS 1 - 1 (0 - 1)
RETI: 50. Tacchi J.[A] 4. Selmosson A. [Ro]

Alessandria US Notarnicola Sergio, Nardi Aldo, Giacomazzi Giovanni, Girardo Antonio, Pedroni Franco, Pistorello Giancarlo, Lorenzi Benito, Filini Giancarlo, Vonlanthen (II) Roger, Dorigo Aldo, Tacchi Juan Carlos All.: Robotti Luciano

Formazione avversaria
ROMA AS: Panetti; Griffith, Corsini; Guarnacci, Losi, Zaglio; Leonardi, Menegotti, Tasso, Selmosson, Ghiggia. All.: Nordahl (III) Gunnar.

Arbitro: Guigue Maurice Alexandre (Arles, FRA)
Note
Infortunato: 75’ Menegotti [R]. Ammonito: Zaglio [R]. Angoli: 8-1 (6-0). Spettatori: 8.000. Tempo incerto, terreno buono. Inizio gara ore 16:00.

Commento
Ha arbitrato il francese Guigue L'ALESSANDRIA IN UNA VIVACE PARTITA PAREGGIA CON LA ROMA Una partita vivace e interessante, combattuta sempre con accanimento e spesso con asprezza; una partita più d’urto che di gioco, ricca di occasioni andate perdute, che ciascuna delle due squadre avrebbe potuto magari vincere perché non si è determinata la prevalenza netta dell’una o dell’altra, ma che il pareggio tutti deve soddisfare, cosicché se una qualunque delle due unità pretendesse di aver meritato la vittoria, senza dubbio chiederebbe più del dovuto. La Roma ha segnato in apertura del primo tempo e l’Alessandria in apertura del secondo, colpi ne sono stati scambiati più di quanti la correttezza avrebbe potuto consentirne, tanto che nell’ultimo quarto d’ora Menegotti ha dovuto lasciare il campo avendo riportato, in seguito ad uno scontro con Giacomazzi, una forte contusione al perone che ad una prima sommaria visita aveva fatto temere di peggio. L’incontro è stato diretto da una celebrità del fischio: il francese Guigue, che aveva arbitrato la finale dei mondiali in Svezia. In verità, non possiamo affermare di avere assistito ad una direzione esemplare. Ha lasciato passare, fra l’altro, due enormi falciate, la prima su Ghiggia nel primo tempo e la seconda su Tacchi nella ripresa, quasi allo stesso punto al limite dell’area di rigore avversaria, facendo chiari segni di continuare ché tutto era pienamente regolare, ma ha fischiato invece il fallo quando Menegotti, inciampando, è caduto sul pallone sfiorandolo con una mano, non danneggiando in questo infortunio altri che se stesso, perché nessuno in quel momento lo poteva molestare, l’avversario più vicino essendo a sette od otto metri di distanza. Tutti gli arbitri si assomigliano e tutti si copiano. Si è cominciato a grande andatura. Già al primo minuto l’Alessandria usufruiva di una punizione ad una ventina di metri dalla porta e, nella mischia che l’azione aveva provocato, Pistorello si vedeva respingere un violento tiro, scagliato dal limite dell’area, da Tacchi che casualmente era venuto a trovarsi sulla traiettoria della palla. Si ebbe l’impressione che il rimpallo avesse salvato la porta romanista dalla capitolazione. Poco dopo, la Roma era costretta in corner sotto quella furia assaltante, il primo degli otto di tutta la partita, ma appena gli ospiti ebbero uno spiraglio libero ecco che andavano in vantaggio. L’episodio avveniva al 4’. Guarnacci toccava da circa mezzo campo a Ghiggia e l’azione si sviluppava attraverso Tasso e Selmosson il quale, scattando a circa una ventina di metri dalla porta, piegava verso sinistra evitando l’intervento di Girardo ed appena entrato in area effettuava un traversone ad un metro circa da terra che batteva nettamente Notarnicola. Allora l’Alessandria si scatenò addirittura. Per circa un quarto d’ora il suo gioco è stato tutto un arrembaggio. La veemenza dell’assalto costrinse i romani a far argine davanti alla loro porta; interventi in extremis, rimpalli, mischie furibonde ad ogni assalto. La spinta combattiva dei grigi traduceva il gioco in un unico tentativo di sfondamento, la manovra era appena abbozzata, ma la carica di energia era tale da offuscare perfino il controllo dei movimenti degli attaccanti. E questo è stato il difetto più evidente dell’Alessandria di questo periodo. L’attacco dei grigi si distende bene nelle azioni di contropiede, ma inciampa e si disorienta quando deve urtare contro una difesa compatta. Le due punte dell’assalto erano Tacchi e Lorenzi e su di essi convergeva prevalentemente il gioco. Vonlanthen vale poco quando non può allungare la falcata, Dorigo non è un attaccante puro ma un elemento di raccordo. L’aiuto più concreto alle due estreme veniva da Filini, che dovevamo poi veder crescere nella ripresa fino ad essere giudicato uno dei migliori della squadra. Sarebbero stati necessari uno slancio più controllato e idee più lucide, ma in certi momenti della lotta l’istinto prevale sulla ragione. L’offensiva dei grigi rallentò senza aver potuto nulla ottenere. Gradatamente tornò quindi a galla la Roma. Il suo attacco non era che un rattoppo. Tasso, proveniente dalla Cremonese, atletico ma inesperto, giocava la sua prima partita coi grandi, Leonardi, estrema destra, la seconda. Mancavano in questo schieramento Da Costa e Lojodice, ed è detto tutto. Per saldarne le falle ci si mise Ghiggia e tutto il suo primo tempo fu semplicemente stupendo. La manovra poteva praticamente contare su due soli uomini, Ghiggia e Selmosson. Il resto era contorno. Ma poggiando su questi due perni, l’attacco della Roma mise più volte in serio imbarazzo la difesa dei grigi. Al 20’ un centro di Ghiggia dalla destra veniva deviato in rete da Tasso di testa: rete annullata perché Ghiggia aveva centrato un palmo oltre la linea di fondo. Le azioni si equilibravano. Ecco il pareggio dei grigi al 5’ della ripresa. Azione semplice e lineare. La iniziava Filini a circa metà campo, sulla destra, e la palla, passando attraverso Vonlanthen, giungeva a Tacchi. Ogni passaggio spiazzava un uomo della difesa e Tacchi ricevette il pallone completamente libero: un tiro di sinistro e la palla finiva in rete. Gol identico, per posizione e per tiro, a quello di Selmosson nel primo tempo. Nel momento in cui avrebbe dovuto reagire, la Roma invece cominciò a calare. Non ebbe più lo slancio, la vivacità, la fresca iniziativa del primo tempo. Scomparvero Tasso e Leonardi, progressivamente calò anche Zaglio. Ghiggia e Selmosson non ebbero più che spunti saltuari. Teneva duro invece la difesa, col valido aiuto di Guarnacci, ma questo poteva appena bastare per non perdere. Dall’altra parte, invece, una potenza aggressiva quasi inusitata. Lorenzi, Tacchi, Pistorello e particolarmente Filini erano gli irriducibili ai quali il gioco dei grigi maggiormente si affidava. Nell’ultimo quarto d’ora, benché ridotta in dieci per l’uscita di Menegotti, la Roma rispuntò sui flutti della lotta, provocando qualche brivido nella folla. Nulla di concreto, comunque. L’arbitro fischiò la fine con un leggero anticipo e mandò tutti soddisfatti. E, pensiamo, anche la folla. (Ettore Berra, «Stampa Sera», 25 maggio 1959) Era un impegno d’onore per tutti cancellare il brutto ricordo dell’Olimpico, far dimenticare le tempestose vicende che avevano turbato la partita del girone di andata. È stato assolto degnamente. Dal pubblico anzitutto, che è stato addirittura di una correttezza esemplare; dalla Alessandria, che ha giocato una gara vigorosa ma non certo cattiva (con le sole, solite eccezioni di Lorenzi e di Tacchi); dalla Roma, infine, che si è battuto gagliardamente ed ha strappato un pareggio più che meritato. C’è stato, purtroppo, un grave incidente. Un rude intervento di Giacomazzi al 30’ del secondo tempo ha costretto Menegotti ad abbandonare il campo con la sospetta incrinatura del perone della gamba destra. È stato determinato però da una vicenda di gioco, da un contrasto sul pallone, dall’ansia del terzino grigio di difendere un risultato tanto prezioso che potrebbe, per l’Alessandria, poter dire la salvezza. Sì, Giacomazzi avrebbe potuto forse farne anche a meno: non ce la sentiamo però, onestamente, di dargli la croce addosso. Anzi, dobbiamo confessare che non credevamo di trovare un ambiente così normale per la Roma, né di dover assistere ad una partita dura ma in linea di massima corretta. A ciò ha contribuito in gran parte anche la tranquilla sicurezza del francese Guigue, che non ha mai assunto i toni melodrammatici di tanti arbitri di nostra conoscenza ed ha limitato al minimo indispensabile i suoi interventi, lasciando al buon senso dei ventidue giocatori la responsabilità di contenere i contrasti in termini onesti. La Roma ha avuto una partenza volante. Ed è passata in vantaggio appena al 4’ con un’azione Ghiggia-Tasso, conclusa da Selmosson con una splendida finta su Girardo ed una stocca abilissima che non ha concesso a Notarnicola né il tempo né il modo di abbozzare neanche un tentativo di parata. Al 20’ il raddoppio è mancato per una questione di centimetri. Ghiggia ha sfoderato uno spunto-capolavoro sulla destra ed ha messo sulla testa di Tasso una comoda palla da gol: Il ragazzo ha bruciato le mani a Notarnicola e non si è lasciato sfuggire l’occasione per festeggiare degnamente il suo esordio. L’arbitro ed il segnalinee però sono stati concordi nel giudicare la palla di Ghiggia raccolta oltre la linea di fondo. E la rete, che sarebbe stata forse per la Roma la vittoria e per l’Alessandria il colpo di grazia, è stata annullata. Noi non siamo in grado di giudicare l’esattezza della decisione. Certo è, comunque, che Guigue ed il suo collaboratore non hanno avuto un attimo di incertezza. Ancora due volte la Roma, comunque, ha avuto la palla buona. Dapprima al 29’. Leonardi e Tasso si sono lasciati cogliere in peccato di ingenuità e non hanno saputo sfruttare il momento buono; poi, al 32’, Menegotti ha alzato di un soffio sulla traversa un invito magnifico di Tasso. L’Alessandria ha attaccato con veemenza ma senza ordine. Non le sono mai capitate, perciò, grosse occasioni. Le maggiori insidie per i giallorossi sono venute al 39’ da una punizione indiretta in area per un fallo di Griffith su Tacchi (risolta da Corsini) e al 44’ da una improvvisa, micidiale puntata di Filini dal limite che ha costretto panetti a far sfoggio di bravura per salvarsi con una applaudita parata in due tempi. Allo scadere dei quarantacinque minuti, Tasso, dopo un intelligente scambio con Selmosson, ha avuto via libera, ma si è allungato troppo il pallone e Notarnicola ha potuto anticiparlo senza difficoltà. Sembrava improbabile una rimonta grigia. Troppo disordinata era l’offensiva della Alessandria; la difesa della Roma, nonostante la giornata di scarsa vena di Zaglio, controllava agevolmente la situazione. Al 5’ del secondo tempo, però, il blocco giallorosso è inaspettatamente saltato. È stato Corsini a mancare un intervento su una palla alta a tre quarti di campo: Filini ha colto Vonlanthen in buona posizione, Vonlanthen ha azzeccato Tacchi solo e smarcato e per Panetti non c’ stato nulla da fare sul gran bolide dell’argentino. Di chi è la colpa? Di tutti. È stato un attimo di distrazione che si può perdonare ad un reparto che, per il resto, ha fatto tutto il suo dovere, ma che è stato comunque pagato a caro prezzo. L’Alessandria, che si contentava del pareggio, non si è fatta più sorprendere. Il finale è stato quasi tutto della Roma (con rari contrattacchi di Lorenzi e di Tacchi) e nemmeno l’infortunio di Menegotti è stato sufficiente per frenare lo slancio giallorosso. Al 13’, però, Leonardi ha sprecato malamente una bella palla sulla destra; al 23’ Notarnicola si è riabilitato con una fantastica deviazione su un tiro stupendo di Tasso; al 30’ Zaglio si è fatto sorprendere in fuori gioco su un invito di Ghiggia (il suo colpo di testa, comunque, ha colpito la traversa). La Roma avrebbe potuto anche vincere. Le è mancata soprattutto, anche stavolta, la prima linea. Le attenuanti – che si chiamano Da Costa, Pestrin, Lojodice, David – sono validissime. L’esordio di Tasso è stato pieno di promesse; ma non si potevano pretendere miracoli da un ragazzo di diciannove anni contro una vecchia volpe come Pedroni. E Leonardi ha trovato nell’espertissimo Giacomazzi un ostacolo superiore alle sue forze. A ciò si aggiunga che Menegotti ha chiaramente denunciato di non avere più il passo della mezz’ala e si dovrà concludere che Ghiggia e Selmosson, gli unici due veri titolari dell’attacco, hanno fatto anche troppo. Anzi, Ghiggia è stato, a nostro avviso, il migliore in campo, nettamente per qualità e anche per quantità di gioco. E Selmosson, attivissimo, gli è stato inferiore appena di un gradino. Zaglio, invece, non era in luna buona: ha cercato di impegnarsi, non c’è nulla da rimproverargli, ma non è stato il solito Zaglio di altre volte, padrone e signore della sua zona. Ciò ha messo in frequente imbarazzo anche Guarnacci e soprattutto Corsini: i due, per fortuna, si sono battuti con grande impegno e con notevole profitto. Molto bravo è stato Losi. E Griffith ha tenuto Tacchi e ha spazzato l’area in maniera egregia; il terzino destro giallorosso, però, dovrebbe liberarsi di certe scorrettezze inutili che altro risultato non hanno se non quello di indispettire il pubblico e l’avversario. Panetti è stato battuto da un pallone imprendibile. L’Alessandria, costretta ad un faticoso inseguimento, se l’è cavata abbastanza bene. Pistorello ha dominato per lunghi periodi a centro campo. Filini ha lavorato come un negro ed anche con buon risultato. Pedroni e Giacomazzi sono stati i pilastri della difesa. Lorenzi e Tacchi sono stati gli attaccanti più fastidiosi (in ogni senso). Certo è che si tratta, comunque, di una formazione assai modesta che deve soltanto alla esperienza di alcuni suoi uomini la salvezza quasi raggiunta. Tecnicamente la partita è stata infatti un mezzo disastro. Ma a fine maggio, da chi ha l’acqua alla gola, non si può pretendere di più. Tempo incerto, terreno buono. Un’improvvisa indisposizione di Da Costa, colpito nella notte da una leggera colica addominale, ha costretto la Roma, già prima di Pestrin, Lojodice e David, a rinunciare anche al suo centravanti titolare per misura precauzionale; al suo posto è stato schierato l’esordiente Tasso, nato a Milano il 26 agosto 1940, proveniente dal Fanfulla. Un fallaccio di Giacomazzi ha provocato un grave infortunio a Menegotti, che ha riportato una profonda contusione alla gamba destra, con sospetta incrinatura del perone, ed è stato costretto ad abbandonare il campo al 30’ del secondo tempo. Leggermente infortunato anche Panetti per un contemporaneo doppio fallo di Dorigo e Lorenzi a dieci minuti dalla fine. (Ezio De Cesari, «Corriere dello Sport», 25 maggio 1959) Pari e patta. Roma ed Alessandria, dopo un incontro combattuto, equilibrato e non privo di scorrettezze (basta citare per tutte il calcione «a freddo» di Giacomazzi che ha costretto Menegotti a prendere anzitempo la via degli spogliatoi). Pari e patta dunque, ma obiettività vuole si dica che i giallorossi avrebbero meritato di vincere. Saliti al Moccagatta senza Davide e Lojodice e costretti all’ultimo momento a rinunziare anche a Da Costa, colto da un attacco intestinale, i romani si erano battuti bene, con coraggio ed intelligenza per «vendicare» la partita del girone di andata e ottenere la prima vittoria esterna. Ed effettivamente sarebbero riusciti nell’intento se non fosse stato per la precipitazione degli attaccanti (ed in particolare Leonardi e Tasso) e se non fosse stato per la discutibile decisione dell’arbitro Guigue in occasione della magnifica rete di Tasso venuto 16’ dopo il goal valido di Selmosson. L’azione era partita da Ghiggia che, dopo aver tagliato fuori tutta la difesa grigia, aveva crossato dalla linea di fondo; aveva raccolto il centroavanti, che insaccava di testa. Azione a quanto sembrava perfettamente regolare, ma Guigue ha voluto ritenere che la palla avesse passato la linea di fondo quando era partito il cross di Ghiggia, a dimostrazione che gli arbitri stranieri poi non hanno molto da invidiare ai «fischiettatori» nostrani, anche se si tratta di principi del fischietto come Guigue, che deve la fama di aver diretto la finalissima Brasile-Svezia ai recenti Mondiali di calcio. Come se non bastasse, poi Guigue poi ci si è messa anche la difesa giallorossa, fattasi cogliere da un istante di sbandamento collettivo all’inizio della ripresa; istante che ha significato il pareggio per i grigi e la fine del sogno giallorosso della prima vittoria esterna. Sarà per una altra volta. L’importante è che la Roma si è battuta bene, con molto maggiore «animus» di quanto non abbia fatto in trasferta negli ultimi tempi. È questo un buon segno, un segno che fa passare in secondo piano anche gli errori di… gioventù di Leonardi e Tasso (il secondo ha però trovato un’ottima intesa con Selmosson) e qualche incertezza da parte di Zaglio e Corsini. Prima di passare alla cronaca, infine, possiamo concludere riferendo che la diagnosi su Menegotti è stata favorevole: all’ospedale, ove il giocatore è stato subito trasportato veniva fugato infatti il sospetto di una frattura del perone. Rimane una dolorosa contusione guaribile in pochi giorni salvo complicazioni. Ed ora, ecco il film della partita. Batte la Roma, ma i primi ad affacciarsi nella metà campo avversario sono i grigi dell’Alessandria; la situazione precitata di colpo al 4’. Selmosson raccoglie un allungo di Zaglio e inizia una discesa sulla sinistra; sul limite dell’area di rigore si fa sotto Girardo, ma l’half mandrogno manca la palla e Selmosson staffila in rete mentre Notarnicola tenta la uscita. La palla si insacca inesorabilmente: 1 a 0 per la Roma. Inizia l’inseguimento dell’Alessandria. All’8’ Panetti para un tiro alto di Dorigo; al 9’ Filini ha la palla buona, ma indugia e quando scocca il tiro il cuoio passa sopra la traversa di un buon metro. Pistorello, due minuti dopo, sbaglia di poco a conclusione di una bella triangolazione con Lorenzi e Dorigo. Anche Nardi, che insegue Ghiggia in posizione arretrata, cerca la via del gol da lontano e da quaranta metri fa partire una cannonata che Panetti sventa con sicurezza. Tasso, dal canto suo, la riserva giallorossa, vince un duello con Pedroni ma tira debolmente nelle braccia di Notarnicola. Al 21’ la Roma raddoppia, ma l’arbitro non concede la segnatura. L’azione prende il via da una lunga discesa di Ghiggia sulla destra; giunto sulla linea di fondo, il capitano dei giallorossi crossa al centro, sulla palla accorrono insieme Selmosson e Tasso e quest’ultimo devia di testa la palla in rete. Ghiggia, a giudizio dell’arbitro, aveva crossato la palla da oltre la linea di fondo. Al 30’, mischia nell’area dell’Alessandria. Notarnicola indugia ad uscire dai pali e la situazione si fa pericolosissima. Girardo salva in extremis e, sul contropiede, Vonlanthen non individua Tacchi, che ha seguito l’azione sulla sinistra liberissimo, e l’occasione sfuma sul fondo. La Roma attacca e cerca di svincolarsi dell’azione dei grigi. Al 32’ Tasso dribbla due difensori avversari e passa a Menegotti, che al volo tira un pallone che sibila sulla traversa. Al 38’, un fallo in area di rigore di Griffith su Tacchi provoca una punizione «di seconda» in area. La palla sbatte contro i giallorossi spiegati a barriera davanti ai pali di Panetti. Al 44’, una bella parata in due tempi di Panetti su tiro di Filini. Applausi a scena aperta! La ripresa inizia al suono di una banda musicale appollaiata sugli spalti dei popolati. Dopo un tiro da lontano di Filini, l’Alessandria perviene al pareggio. È il 5’ e finora la Roma è stata serrata in difesa: l’azione parte da una rimessa laterale di Pistorello, che coglie Filini liberissimo. Il mezzodestro fila via e passa a Vonlanthen, che offre all’accorrente Tacchi all’accorrente Tacchi l’occasione di segnare con una cannonata che scuote la rete prima ancora che Panetti possa accennare alla parata. La partita si fa spigolosa e l’arbitro lascia correre più del necessario. Zaglio viene ammonito al 10’. Tenta Leonardi da lontano al 17’ e al 22’ risponde Dorigo, ma entrambi i tiri non hanno fortuna. Al 24’ Notarnicola salva la rete con una parata prodigiosa su tiro di Tasso, deviando la palla in angolo. Zaglio, in posizione di fuorigioco, coglie un alo di testa. Alla mezz’ora, in una azione a cui prende parte tutto l’attacco giallorosso, Giacomazzi colpisce con un calcio Menegotti alla gamba destra. Il numero 8 della Roma deve prendere la via degli spogliatoi dopo aver tentato ai margini del campo una medicazione di fortuna. Si tratta di una botta alla zona peronale. Al 35’, ultimo brivido della partita: Filini corre sino sulla linea di fondo, passa indietro a Tacchi che tira e colpisce Losi sul rimpallo, carica dell’ala sinistra alessandrina contro Panetti e intervento energico dell’arbitro: era ora! Poche azioni da entrambe le parti e quindi il fischio di chiusura. Un altro punto sulla via della salvezza per la Alessandria. (Nello Paci, «l’Unità», 25 maggio 1959) Con un’Alessandria ancora in zona retrocessione e una Roma desiderosa di vendicare l’ormai famoso 1-1 del girone di andata (trasformatosi sul tavolo della CAF in un 2-0 per i grigi), non poteva non nascere una partita tirata senza risparmio dal primo all’ultimo minuto. Così è stato, anche se l’agonismo non ha mai raggiunto i temuti eccessi che avevano indotto a scomodare per questo incontro il «re del fischietto», il francese Guigue, arbitro della finale della Coppa del Mondo, dimostratosi in tutto degno della fama che lo aveva preceduto. La squadra grigia è stata costretta a una rincorsa di 44’ per raggiungere la Roma, che aveva segnato dopo quattro minuti con Selmosson, a conclusione di una delle caratteristiche e irresistibili sgroppate. Aveva anche raddoppiato il vantaggio l’undici di Nordahl, ma il passaggio di Ghiggia, sul quale l’esordiente e tenace Tasso (sostituto dell’indisposto Da Costa) ha segnato, è stato ritenuto irregolare da arbitro e guardalinee, i quali hanno giudicato che il pallone avesse varcato la linea di fondo prima di essere centrato. Nella ripresa, Tacchi, con un gran tiro, dava al risultato un più esatto orientamento. Un giocatore su tutti: il rientrante Ghiggia, che alla classe indiscussa ha unito una generosità straordinaria. Presente in attacco e in difesa, abilissimo nel riprendere una respinta di un vero spettacolo, meritandosi lodi incondizionate. L’Alessandria, come abbiamo detto, costretta ad un serrato inseguimento, si è disimpegnata con un buon successo. Pistorello per lunghi periodi ha impostato un proficuo lavoro a metà campo spalleggiato attivamente da Filini. Pedroni e Giacomazzi hanno svolto un’efficace azione di rottura in difesa, mentre Lorenzi (nella foto) e Tacchi sono apparsi gli uomini più insidiosi. Sul piano tecnico, la partita è stata ben poca cosa. («Il calcio e il ciclismo illustrato», 28 maggio 1959) Setacciando le impressioni di questo incontro tra grigi e giallorossi, vien da chiederci se almeno i primi avessero puntato la loro attenzione al di là di un pareggio. Infatti, sarà stato il fatto di trovarsi in svantaggio, saranno altri fattori che sfuggono, gli è che l’Alessandria, raggiunta la Roma, ha cercato, come del resto gli avversari, un quieto vivere. Qualche azione sporadica, è vero, qualche pericolo per la rete di Panetti ed una sola per quella di Notarnicola non possono certo sancire un desiderio di vittoria di uno o dell’altro contendente. Una carrellata panoramica ci dimostra con chiara evidenza come ad una Roma in vantaggio nei primi minuti di gioco e ad un suo seguente catenaccio, l’Alessandria abbia pressato sino al ristabilimento dell’equilibrio in campo. Poi i due schieramenti abbandonava, uno la sua tattica continua di attacco e l’altro quella catenacciara e tutto restava così sino al termine, con tanti applausi al direttore di gara francese. L’Alessandria, d’altra parte, aveva interesse a non perdere, pensando alle altre due partite casalinghe. Facendo rientrare Girardo e Pedroni non ha certo errato; i due, a cui si può aggiungere un Pistorello in ottima condizione e padrone della metà campo, hanno costituito quella barriera che ben difficilmente i giallorossi sono riusciti a superare. Dal canto suo, la difesa si è disimpegnata assai bene, soprattutto nel settore sinistro dove Giacomazzi, con olimpica tranquillità, ha sempre avuto ragione di Leonardi. L’attacco è vissuto poi sulla manovra di Lorenzi e Tacchi, ma ancor più sul mordente del giovane Filini. Della Roma, tolti i soliti Ghiggia e Selmosson in attacco, ed il volenteroso esordiente Tasso, il resto è restato su di un piano più che normale. La cronaca non dice un gran che. È l’Alessandria al 1’ che porta la sua offesa alla porta di Panetti, con un passaggio di Pistorello mal sfruttato da Tacchi che calcia fuori e poi, al 4’, si ha la doccia fredda per i grigi. Azione in linea romanista: Guarnacci allunga a Selmosson al limite dell’area di rigore alessandrina; qualche passo della mezzala e poi, dalla sinistra, un secco tiro a mezza altezza verso l’angolo destro di Notarnicola; nulla da fare per il difensore. Il gioco riprende con l’Alessandria in attacco. Al 9’ Filini sbaglia di poco il bersaglio. Al 12’ Nardi impegna Panetti da circa 30 metri. Al 20’, una rete annullata dalla Roma, con uno spiovente di Ghiggia, in fuori gioco, sulla testa di Tasso che insacca. Al 32’ Menegotti tira alto da fuori area. Al 38’, pericolo per Panetti: calcio di seconda in area. Dorigo passa a Tacchi e il tiro di questi viene respinto da Corsini. La ripresa ha un inizio incolore. Poi la sveglia al 5’, con l’onnipresente Filini che, raggiunta l’area di rigore, dalla destra passa a Vonlanthen. Questi serve Tacchi mentre Losi sfiora la sfera nell’intervento. L’ala alessandrina riesce ugualmente a raccogliere e ad insaccare imparabilmente da pochi metri. Il gioco continua poi senza grandi sussulti. (Franco Benzi, «La Gazzetta dello Sport», 25 maggio 1959) PAREGGIO CON LA ROMA, VITTORIA SUL BOLOGNA Martedì 2 giugno al “Moccagatta,, Alessandria-Inter Scongiurato dai «grigi» il pericolo della retrocessione Domenica al Moccagatta, pochi sono mancati all’appuntamento. La partita con la Roma rivestiva un carattere del tutto eccezionale agli effetti sia morali che materiali, dati gli strascichi dell’Olimpico: per cui l’afflusso al campo degli sportivi è stato davvero proporzionato all’importanza reale dell’incontro. Le previsioni della vigilia sono state esaurientemente confermate e la «piena» verificatasi è valsa a dimostrare – se ancora ve ne fosse stato bisogno – che là dove vi è la possibilità di assistere ad un minimo di spettacolo, la massa sportiva non è affatto restia ad accorrere. Ed i grigi, onore al merito, non hanno deluso i loro innumerevoli sostenitori e simpatizzanti, soddisfacendo altresì i critici esigenti. Contro i giallorossi romanisti, i giocatori alessandrini anzi ci hanno offerto uno spettacolo di incomparabile bellezza tecnica e agonistica, superiore ad ogni aspettativa. A rendere maggiormente attraente ed affascinante la competizione hanno concorso, in misura uguale, il sole, che ha spazzato dal cielo le uggiose nubi temporalesche dei giorni precedenti, le eleganti trame di gioco intessute dagli atleti in campo e l’ardente entusiasmo degli spettatori che è aleggiato vibrante e possente per 90 minuti consecutivi sullo splendido scenario. Alla manifesta volontà di affermarsi dei giocatori grigi, ha fatto immediato riscontro l’incoraggiamento caldo ed appassionato della generosa folla alessandrina. Una simile sincronizzazione di intenti tra attori e spettatori da molto tempo non si registrava al Moccagatta, per cui vorremmo poter definire tale fatto un vero e proprio prodigio della passione, se di prodigi fosse comunque consentito parlare in materia calcistica. Comunque, è indubbio che gli sportivi locali hanno partecipato alla lotta con l’identico ardore e lo stesso slancio della squadra. Quest’ultima, innegabilmente, ha disputato la più bella partita dell’annata, riuscendo a dominare i forti avversari per tre quarti dell’incontro. Non si è rassegnata allorquando Selmosson ha segnato la rete romanista; non si è demoralizzata quando la sfortuna ha insistito a perseguitarla, arrestando sul limite della linea della rete di Panetti i tiri insidiosi di Tacchi, Filini e Lorenzi. La squadra alessandrina ha lottato virilmente, con chiare idee in testa, svolgendo trame di gioco di pregevole fattura tecnica e stilistica, fermamente convinta di essere in grado di poter, prima della chiusura delle ostilità, smorzare la baldanza degli uomini di Ghiggia. E vi è riuscita, in virtù dell’incitamento costante dei tifosi, dell’esempio ammirevole di tenacia di Pedroni, della regia impeccabile e redditizia di Tacchi, dello spirito di abnegazione di Giacomazzi e Nardi, delle superbe prestazioni di Pistorello, Girardo e Filini e dell’apporto, meno appariscente ma efficace, di Vonlanthen e Dorigo. Tutti, insomma, gli atleti grigi, compreso Notarnicola, hanno valorosamente combattuto per il trionfo dei colori sociali. In particolare modo, i giovani si sono distinti per la loro intraprendenza ed infaticabilità. Certo, l’opera dell’allenatore atletico continua a dare copiosi frutti. La silenziosa, misconosciuta eppur tanto meritevole fatica del prof. Romanò ha contribuito notevolmente alla salvezza dei grigi. A questo artefice degli ultimi successi della nostra squadra, che vive nell’ombra, noi tributiamo, unitamente a tutti gli sportivi alessandrini, il nostro incondizionato elogio. (Romolo Vite, «Il Piccolo», 30 maggio 1959) RISULTATI: Bari-Triestina 0-0 Bologna-Juventus 4-1 Lazio-Padova 1-1 Milan-Genoa 4-0 Napoli-Internazionale 1-0 Sampdoria-Lanerossi Vicenza 2-0 Talmone Torino-Spal 1-0 Udinese-Fiorentina 2-0 CLASSIFICA: Milan 47; Fiorentina 44; Internazionale 41; Juventus 38; Sampdoria 34; Padova 33; Lanerossi Vicenza, Napoli 32; Bologna, Roma 30; Bari, Genoa, Lazio 27; Alessandria, Spal 25; Udinese 24; Talmone Torino, Triestina 21 MARCATORI 31 gol Angelillo (Inter) 28 gol Altafini (Milan) 22 gol Hamrin (Fiorentina), Montuori (Fiorentina) 18 gol Firmani (Inter) 17 gol Pascutti (Bologna) 16 gol Brighenti (Padova) 15 gol Charles (Juventus), Da Costa (Roma), Selmosson (Roma) Il punto sul campionato La vittoria dell'Udinese sulla fiorentina ha risolto tutti i problemi del campionato La squadra friulana ha spianato la strada al Milan verso lo scudetto e praticamente condannato il Talmone Torino - La Juventus contro il Reims nella Coppa dell'Amicizia La, calcisticamente parlando, piccola Udinese ha, con un colpo solo, tagliato corto alle discussioni che duravano da settimane e da mesi, e risolto tutti i problemi del campionato della stagione. Tutto in una volta sola: nell'ora e mezzo di giuoco del pomeriggio di domenica. Battendo per 2 a 0 la Fiorentina sul proprio campo, i friulani hanno innanzi tutto messo praticamente al sicuro se stessi dal pericolo della retrocessione. In secondo luogo, essi hanno con ogni probabilità deciso chi debba fregiarsi del titolo di Campione per l'anno 1948-'59. E, per ultimo, hanno sferrato un'altra dura botta alle superstiti speranze dei poveri granata torinesi, che, pur nella giornata avevano vinto in casa l'incontro di loro competenza. Combinazione, i tre avvenimenti concomitanti hanno assunto una base di misura delle proporzioni che li dividono, la cifra tre. Diamo la precedenza al più importante di questi avvenimenti il Milan aveva, in classifica, la precedenza di un punto sulla Fiorentina. I! Milan stesso ha, in questo pomeriggio fatidico, battuto il Genoa a San Siro per 4 a 0: il risultato dalla misura più elevata di tutta la Serie A in questa 31" tornata del torneo. Sconfitta, inopinatamente a Udine la Fiorentina è rimasta dove era come punteggio, mentre la rivale diretta è avanzata. Il distacco fra i due grandi contendenti è così salito' a tre punti. Tre incontri rimangono a disputare per giungere al termine della tenzone: l'equivalente in punti di classifica, fa sei. La distanza non dovrebbe più essere colmabile da parte dei toscani, nello spazio troppo breve che rimane da percorrere. Il che, in parole povere, vorrebbe dire che il Campionato della stagione è oramai aggiudicato. La Fiorentina, crollando a Udine, in formazione sempre incompleta e col concorso di un calcio di rigore, dovrebbe aver deposto ogni velleità ed ogni speranza. Ed il Milan dovrebbe avere riassunte tutte quante in sé, proprio nella domenica, in cui, l'attaccaitte Grillo a parte, ha potuto presentarsi in campo in formazione consistente. Giù, all'estremo opposto della scala, il Talmone Torino, rabberciato a causa delle note squalifiche, ha fatto fronte ad una Spai dalla formazione ridotta essa pure, ed ha, per 1 a 0, posto all'attivo la sua quinta vittoria di tutta la stagione. Poi è rimasto in attesa delle notizie che dovevano ve nire dal di fuori. Queste si so no fatte attendere per qualche tempo: e, quando sono giunte, hanno portato l'annuncio che la Triestina aveva pareggiato a Bari, e che l'Udinese aveva vinto in casa. Due notizie che hanno fatto l'effetto di una doccia fredda sull'intero ambiente torinese. Il povero Talmone Torino non augurava male a nessuno, ma di disgrazie e di contrattempi ne ha subiti tanti, che era logico che un qualche cosa di simile, cioè uno «scivolone», dagli avversari diretti se lo attendesse. Invece nulla: viso arcigno a destra ed a sinistra. E così i granata risalgono bensì di una lunghezza, e raggiungono i giuliani a quota 21, ma rimangono sempre alla stessa distanza, e cioè tre punti anche qui, da quell'Udinese, terzultima sulla situazione della quale fa perno tutta la situazione della retrocessione. Tre incontri ancora da giuocare, sei punti ancora in palio. Spazio troppo breve, anche qui, per il cammino che occorrerebbe fare. La quota 24, come si era già previsto tempo fa, pare proprio debba delimitare il confine fra la zona della salvezza e quella della caduta nella Serie B. E lo stesso discorso che si fa per il Talmone Torino, è valido, in senso inverso, per l'Udinese: colla grande differenza proprio, che questa sta in alto, dalla parte del vantaggio cioè. Oramai, le possibilità di modificazioni alle tre situazioni di cui abbiamo parlato — Fiorentina, Udinese e Talmone Torino — più non posano che sui calcoli della matematica: su quanto è possibile cioè, non so della retrocessione, e dando per spacciata la Triestina, il Talmone Torino ha in programma ancora, due partite fuori — a Firenze ed a Roma — ed una in casa, col Padova; mentre l'Udinese ne ha due in casa — Napoli e Lane Rossi di Vicenza — ed una fuori, il Milan a San Siro. A comandare è, per il momento, quella famosa regola del tre. Il discorso fatto, considera la Spal e l'Alessandria, che stanno assieme a quota 25, e la seconda delle quali ha chiuso domenica alla pari per 1 a 1 in casa colla Roma, come fuori pericolo. Precisamente, come nel gruppo di testa, nel quale l'ordine delle quattro squadre più non dovrebbe subire modificazioni. (La Stampa - Vittorio Pozzo)