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La vita "grama" a cui devono assuefarsi le società di provincia ha una conferma nel campionato 1933-34 e l'Alessandria non ne rimane certo fuori. Costretta com'è a vivere su un bilancio stringato, fidando solo sulle forze prodotte dal proprio vivaio, i grigi lottano unicamente per la permanenza nella massima divisione. A questo traguardo vi giungono con una notevole fatica, lasciandosi alle spalle il Palermo (salvatosi proprio in extremis) e le tre retrocesse: quel Padova che negli anni dal 1923 al 1925 era stata una stella del calcio nazionale, il Genova vera antesignana del movimento calcistico italiano e i nerostellati del Casale, secondi sacrificati (dopo il Novara) di quel famoso "quadrilatero piemontese". Delle grandi "provinciali" restano quindi ancora sulla breccia solo l'Alessandria e la Pro Vercelli, ma purtroppo per entrambe l'imperativo unico rimane il dare alle grandi società metropolitane i loro prodotti migliori cercando al tempo stesso di salvarsi dal baratro della retrocessione. I dirigenti alessandrini, con grandi sacrifici finanziari, riescono a "tenere" in maglia grigia i vari Lombardo, Fenoglio, Cattaneo e Riccardi. La loro presenza vicino a giovani di belle speranze quali Perazzo, Turino, Grillo, Bocchio, Montanari, Cornelio fa sì che il traguardo agognato della permanenza in A possa essere raggiunto.